Царква і палітычны крызіс у Беларусі

Anche la Chiesa scende in piazza?

Anche la Chiesa scende in piazza?

Anche la Chiesa scende in piazza?

Dopo le elezioni del 9 agosto in Bielorussia, si assiste non semplicemente a un’inedita opposizione di massa ma a un cambiamento del paese. In questo movimento anche le Chiese sono presenti, in vari modi. I cattolici in prima linea.

«Amato fratello in Cristo Tadeusz,
Ti salutiamo, come Pastore della Chiesa di Cristo al quale il nostro Sommo Pastore Francesco ha affidato il compito di pascolare il gregge nell’amata Bielorussia. Ti salutiamo con il saluto di un altro Francesco – il santo di Assisi: Pace e Bene!

Siamo a conoscenza delle dure prove e difficoltà a cui in questo momento siete sottoposti, il tuo popolo e tu personalmente. Ti rivolgiamo un saluto fraterno per confortarti e assicurarti che preghiamo per te e il tuo popolo, affinché la pace e il bene trionfino e regnino sempre nei cuori e nelle menti di tutti gli uomini. Allora le parole del santo apostolo Paolo riferite ai primi cristiani in Macedonia si compiranno anche per noi, che viviamo nel XXI secolo: «Nella grande prova della tribolazione, la loro gioia è sovrabbondante» (2 Cor 8,2).

Amato fratello Tadeusz, ben sappiamo e ricordiamo come all’albore della rinascita della Chiesa nel nostro paese tu abbia accettato di assumere il ministero episcopale in Russia e per molti anni, fino alla nomina in Bielorussia, l’abbia adempiuto con zelo. Anche negli anni successivi hai accettato i nostri inviti, partecipato alle nostre festività. Ringraziamo il Signore e anche te per questo legame di comunione nella Chiesa di Cristo, sperando che ti sia di aiuto e di conforto nelle ore di prova e di sofferenza.

Caro fratello Tadeusz, oggi vivi la nostalgia della patria, soffri per le sue sorti, per le sorti del suo popolo, per l’impossibilità di adempiere il tuo ministero pastorale. Non temere! Il popolo di Dio prega per la Bielorussia. Confidando nella potenza della preghiera, noi continuiamo a sperare che per la misericordia di Dio tu possa presto tornare a casa e proseguire il tuo ministero pastorale. Lo chiediamo ogni giorno in preghiera all’Altissimo».

Questa la lettera indirizzata il 10 settembre dalla conferenza episcopale cattolica russa a monsignor Kondrusiewicz, primate dei cattolici in Bielorussia, che il 31 agosto al ritorno da una visita in Polonia si è visto sbarrare l’ingresso nel paese.

L’ultimo atto della vicenda – il responso delle autorità competenti, reso pubblico il 14 settembre, che ufficializza il veto all’ingresso del metropolita in Bielorussia in quanto il suo passaporto bielorusso non sarebbe valido, costituisce un’ulteriore riprova della gravità della crisi in cui versa il paese. Il provvedimento contro Kondrusiewicz è infatti stato evidentemente ratificato nonostante la visita ufficiale in Bielorussia, proprio in questi giorni, del Segretario per i rapporti con gli Stati della Santa Sede monsignor Gallagher, che ha tentato una mediazione con il Ministero degli Interni, e nonostante gli amichevoli rapporti intrattenuti negli scorsi anni da Lukašenko con il Vaticano, dove si era recato a far visita agli ultimi due papi, rispettivamente nel 2009 e nel 2016.

Ma, proprio per questo, il provvedimento è anche una conferma indiretta della forza del movimento di protesta e di resistenza. A un mese dalle elezioni del 9 agosto, infatti, in Bielorussia non stiamo assistendo semplicemente a un movimento di opposizione di massa senza precedenti, a un braccio di ferro tra la popolazione e il regime, il cui esito è tutt’altro che garantito.

In questo mese nel paese sono cambiate molte cose, nelle coscienze sono maturate nuove esperienze e convinzioni, e tra queste una nuova consapevolezza della responsabilità del cristiano anche nel campo della società e della politica, e un rinnovato legame di solidarietà tra le comunità religiose presenti nel paese.

Una consapevolezza e una solidarietà che sono andate crescendo progressivamente, sotto l’urto degli avvenimenti e sovente proprio grazie alle drammatiche domande poste dai fedeli ai propri pastori.

È quanto ha scritto, ad esempio, padre Andrej Javorec parroco ortodosso di Grodno: «Che cosa risponderemo alla gente semplice, ai nostri parrocchiani, quando verranno a chiederci come mai i nostri vescovi e superiori sono così acquiescenti? Quando ci chiederanno dov’è la coscienza della Chiesa? Io non so che cosa rispondere. C’è solo da star zitti e arrossire». Così, a Gomel’ un altro sacerdote ortodosso, padre Vladimir Drobyševskij il 13 agosto è sceso in strada con un cartello: «Fermiamo la violenza», dicendo: «L’ho fatto perché non posso più tacere. Vedo e sento parlare degli arresti di massa, di come i fermati vengano torturati, e le loro urla si sentono fin da fuori. Mi si spezza il cuore, non posso tacere, come cittadino e come cristiano».

Padre Igor’ Kondrat’ev, 61 anni, parroco greco-cattolico di Brest, è diventato famoso nelle ultime settimane per la sua presenza in mezzo alla gente, al fianco delle «catene umane di solidarietà» formate periodicamente dalle donne, oppure vicino agli edifici in cui erano stati ammassati i dimostranti arrestati: «Scendevo in strada tutti i giorni dalle 8 del mattino. La gente era molto spaventata, e quando vedeva un prete si sentiva sollevata. Molti mi ringraziavano. Quelli, poi, che avevano parenti agli arresti o in ospedale, piangevano, avevano bisogno di essere abbracciati, sostenuti. Per non parlare degli “arrabbiati”, che cercavo di tranquillizzare, per scongiurare possibili conflitti, perché le cose non degenerassero e nessuno cedesse alle provocazioni».

Il fenomeno è diventato così eclatante da suscitare le ire dello stesso Lukašenko, che il 22 agosto ha tuonato:

«Mi stupisce la posizione delle nostre confessioni. Cari i miei ministri del culto, calmatevi e fate gli affari vostri! Nelle chiese la gente deve venire a pregare! Le chiese non sono fatte per la politica. La gente deve venirci per l’anima, com’è sempre stato. Non fatevi abbindolare dai rinnegati. Poi vi vergognerete della posizione che alcuni di voi hanno preso adesso. E neppure lo Stato resterà a guardare quello che sta succedendo!».

Lo scontento del regime è ricaduto innanzitutto sulla Chiesa ortodossa, da cui probabilmente meno ci si sarebbe aspettati simili «libertà»: così, il 25 agosto il Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha rimosso l’esarca, metropolita Pavel Ponomarev. La colpa di Pavel, che subito dopo l’esito ufficiale delle elezioni aveva firmato insieme al patriarca Kirill un sentito messaggio di congratulazioni al «padre della patria» bielorusso, è quella di essersi lasciato colpire «dalle violenze, da come avevano trattato la gente – riferisce padre Aleksandr Šramko, sacerdote ortodosso di Minsk. – Così, il 17 agosto è andato perfino a visitare alcune vittime in ospedale, per esprimere la sua compassione».

Il duro colpo subito dalla comunità cattolica con l’espulsione dal paese del metropolita Tadeusz Kondrusiewicz, dichiarato «persona non grata» in Bielorussia e Russia, è stato certamente inaspettato (nessuno pensava a una reazione tanto violenta, ma evidentemente il regime «ha deciso di mostrare i denti», come ha commentato Ljudmila Ulickaja), ma in fondo non è così strano, perché il presidente della conferenza episcopale cattolica bielorussa ha preso più volte posizione nei confronti delle brutali repressioni in atto, dichiarando tra l’altro che «per definizione le forze dell’ordine sono chiamate a proteggere le libertà fondamentali dei cittadini, compresa la libertà di confessione religiosa, e non a ostacolarle». Strano è, invece, il messaggio personale di solidarietà da parte del portavoce ufficiale della Chiesa ortodossa bielorussa, padre Sergej Lepin, che sulla sua pagina facebook ha scritto, scusandosi del silenzio della sua gerarchia: «Non mi resta che esprimere personalmente parole di appoggio fraterno a tutta la comunità cattolica della Bielorussia e augurarle un favorevole scioglimento di questa sconcertante situazione, strana e pericolosa, che si è venuta a creare! Spero che i fedeli cattolici possano riunirsi al più presto al loro pastore, e che tutto finisca bene!».

La gente ne parla con sorpresa, come di una conquista. Ad esempio, Natallja Vasilevič scrive sulla sua pagina facebook: «Ho continuato a dirmelo tutta estate: non è affar mio salvare la Chiesa ortodossa, la sua immagine – basta, lascia che i morti seppelliscano i loro morti. Ma l’8 agosto è intervenuto il diacono Dmitrij, e poi padre Aleksandr con il suo cartello contro le falsificazioni, e poi tutti gli altri preti e l’arcivescovo Artemij, e io mi sono dovuta ricredere ancora una volta. Lo si vede perfino dalla preghiera delle ore 13, qual è la dinamica: inizialmente senza la benedizione della Chiesa, anzi quasi impedita dal parroco della cattedrale, poi però è diventata un avvenimento di rilievo nella vita religiosa della comunità cristiana di Minsk. Una processione impressionante, in cui siamo tutti insieme…».

Le processioni di cui parla Natallja sono iniziate il 13 agosto, e da allora si svolgono ogni giorno all’una, promosse da giovani ortodossi a cui si sono affiancati cattolici, ortodossi, protestanti.
A che scopo? Lo spiega ancora padre Aleksandr:

«È perché nel paese è venuta a crearsi una spaventosa situazione, in cui le forze del male si sono schierate contro la gente. Non è solo una lotta politica, il potere ha mostrato il proprio volto satanico: si prende gioco delle persone, attraverso violenza e illegalità. E allora i cristiani hanno deciso di mettersi insieme a pregare contro questa illegalità, violenza, contro questa diabolicità che sta esplodendo. È un’idea semplice: visto che siamo cristiani dobbiamo trovarci insieme a pregare. E qualche giorno fa abbiamo cominciato a invitare anche le persone di altre religioni, musulmani, ebrei, tutti».

Il 21 agosto cristiani di più religioni hanno dato vita anche a un’altra iniziativa, la «Catena del pentimento»: una catena umana di preghiera lunga 15 km, da Kuropaty (una località fuori Minsk che era stata teatro di fucilazioni di massa in epoca staliniana), fino al carcere di isolamento dove centinaia di persone sono state internate e torturate in queste settimane.

Da più parti è stata superata la vecchia idea che la Chiesa non debba invischiarsi nella politica, ritenuta una cosa sporca, «mondana»… Al contrario, sempre più spesso si sente parlare di impegno e responsabilità dei cristiani, anche in politica, del dovere di «dare un giudizio su quanto sta avvenendo nella società, sulla giustizia e l’ingiustizia, proprio in quanto cristiani, in quanto Chiesa. Davanti alla menzogna, i cristiani non possono chiudere gli occhi». Ne hanno dato l’esempio anche alcuni vescovi, ad esempio il metropolita Kondrusiewicz e il vescovo cattolico di Vitebsk, Oleg Butkevič, in una sua lettera pastorale. Ma la voce forse più intensa è stata quella dell’arcivescovo ortodosso di Grodno, Artemij Kiščenko: «Non si può giocare con la Verità, storpiandola e frantumandola in nome della convenienza politica. Infatti, la Verità è un fenomeno di valore e una categoria di significato dietro cui si cela Dio stesso! E se si mette la Verità tra virgolette e con un lieve cenno la si trasforma in menzogna, si calpesta colui che è il Padre della Verità. E in campo scende un altro padre. Il padre della menzogna. Che, come sappiamo dalla Parola di Dio, si chiama diavolo! E di cui sappiamo, che è stato “omicida fin da principio” (Gv 8,44)».

«È impossibile che il senso di responsabilità, di solidarietà, di comunione che abbiamo vissuto, la percezione che di fatto sono cadute le barriere interconfessionali, non lasci un solco incancellabile nella vita della Chiesa», ci dice un amico. Rattristato, preoccupato del domani, ma carico dell’emozione, della speranza di una novità impensata, che si intravvede nelle pieghe di una prova così dolorosa.

Artemij Kiščenko, arcivescovo ortodosso di Grodno, Lettera pastorale, 14 agosto 

Venerati padri, cari fratelli e sorelle in Cristo!
Stiamo vivendo un periodo durissimo della nostra storia, offuscato dal sangue versato a causa della violenza. Una cosa che nella nostra pacifica e tranquilla Bielorussia non ci saremmo mai aspettati di vedere, in nessuna circostanza. Eppure, è successo.

È successo, evidentemente, perché non si può giocare con la Verità, storpiandola e frantumandola in nome di una convenienza politica. Infatti, la Verità è il fenomeno di valore e la categoria di significato dietro cui si cela Dio stesso! E se si mette la Verità tra virgolette e con un lieve cenno la si trasforma in menzogna, si calpesta colui che è il Padre della Verità. E in campo scende un altro padre. Il padre della menzogna. Che, come sappiamo dalla Parola di Dio, si chiama diavolo! E di cui sappiamo, che è stato «omicida fin da principio» (Gv 8,44).

Quindi, il sangue delle vittime e le dure sofferenze della gente in questi giorni pesano sulla coscienza di quanti hanno consapevolmente ucciso o costretto gli altri a uccidere la Verità! Che non possa agire così chiunque si ritenga cristiano ortodosso, l’hanno ricordato loro i nostri sacerdoti, che hanno fatto appello alle coscienze e li hanno ammoniti di seguire i comandamenti divini! Ma purtroppo non sono stati ascoltati.

Ora ci attende un arduo cammino per superare la crisi politica e di purificazione morale. Che non può avvenire senza un sincero e profondo pentimento, che tutti noi dovremmo imparare! Per poter chiedere perdono per noi stessi e perdonare gli altri!

L’esperienza degli ultimi giorni, in cui per le strade delle nostre città invece dei mariti, figli, fratelli picchiati sono scese le loro mogli, madri, sorelle, con fiori e sorrisi, ha mostrato che la legge spirituale: «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Rm 12,21) funziona! L’amore ha restituito la pace e fermato la violenza! Non è forse un miracolo? Ringrazio infinitamente tutti quelli che hanno trovato questa straordinaria soluzione e vi invio la benedizione divina!

Io credo che l’Amore e la Pace aiuteranno tutti noi a riportare anche la Verità! A riportarla nelle nostre anime, nelle nostre case e famiglie, nelle relazioni della società e dello Stato. E la Verità permetterà a noi tutti di ritrovare la fiducia gli uni negli altri. Soprattutto in coloro che, avendo giurato di servire il popolo bielorusso, si sono comportati in maniera ingiustificatamente crudele nei suoi confronti in questi giorni. I fiori e i sorrisi delle nostre splendide ragazze e donne aiutino anche voi a guarire dalle tossine del male e dell’aggressione!

Eterna memoria alle vittime e conforto ai loro familiari e amici!

Si faccia luce con giustizia, onestà e chiarezza su tutti i fatti di inganno, violenza e crudeltà, perché la Giustizia possa fare il suo corso e trionfi la Verità!

Monsignor Artemij Kiščenko, arcivescovo ortodosso di Grodno, omelia del 16 agosto

Auguro a tutti voi, che vi siete accostati ai Purissimi Misteri di Cristo, una buona domenica.
Oggi nelle chiese è stato letto il mio messaggio al clero e ai laici della diocesi di Grodno.
Ci accusano già chiedendoci perché la Chiesa si intromette in politica.
La Chiesa non si occupa di politica.

I politici di tutti i paesi tenteranno sempre di spadroneggiare sulla Chiesa, perché la Chiesa adempia ai mandati dei potenti, in tutti i tempi e in tutti i paesi. Invece la Chiesa dev’essere una lampada, la voce indipendente dell’anima umana. Non entriamo nel merito della politica, dei politici, dell’autorità. Diciamo però che si stanno compiendo delle illegalità. I «nostri» si sono trasformati in belve e dilaniano i loro stessi fratelli. Da noi sacerdoti viene gente che ci racconta, con le lacrime agli occhi «quello che hanno fatto a mia figlia». Vengono persone anziane, che erano sedute su una panchina, e ci raccontano di essere state picchiate, umiliate. Eppure è gente che ha speso la vita per la nostra patria! E c’è una quantità di esempi di questo genere…

Per questo nel nostro messaggio diciamo: «Fermatevi! State andando contro il Vangelo, avete messo le mani su Cristo stesso, e questo non vi sarà perdonato! E la vostra causa non avrà mai successo!».

E questa è la politica oggi… Vi dirò qual è la mia posizione personale. Mia sorella negli anni ’80 curava un anziano scrittore, che viveva qui nelle regioni occidentali. Lui diceva: «Sono stato dentro sotto i polacchi, sono stato dentro con i Soviet, sono stato dentro sotto i tedeschi». Ecco la posizione di un credente! Irriducibile al male. Non scende a patti con i potenti. E agisce come Cristo comanda. Quanti esempi ne abbiamo nella storia? Ivan il Terribile sommerse nel sangue il suo popolo. E che cosa gli disse in faccia il metropolita Filipp? «Sei un sanguinario!». Il metropolita Filipp era nelle grazie dello zar, che l’aveva fatto venire dalle Solovki e l’aveva innalzato di grado, nominandolo metropolita di Mosca. La sua era una sede episcopale di importanza mondiale, ma lui non si peritò di andare a dirgli: «Sei un boia!», perché era un cristiano e un sacerdote, e questa era la sua posizione.

Io penso che per l’innanzi ci attendano molte difficoltà, e anche se verranno altri, anche a loro l’ortodossia darà fastidio. Cercheranno di metterci la museruola, fin da ora ci provano, come si suol dire.

La nostra Chiesa ha vissuto un sacrificio durissimo. I nostri sacerdoti sono sepolti alle Solovki, i nostri pastori sono sepolti sul canale mar Bianco-mar Baltico… Sono rimasti quelli che hanno saputo adattarsi. Eppure, nonostante questo, la Chiesa rinasce: ecco che è arrivata una nuova generazione, che mostra la propria vitalità. Davanti a loro io mi vergogno. Perché non si può tacere, bisogna parlare. Imparare da loro, i giovani.

E quelli della vecchia generazione, che brontolano, si credono maestri («questa è politica!»), ebbene, dovreste mettervi in ginocchio per tutta la falsificazione, tutta la menzogna che avete dato ai nostri figli. Per i pionieri, il komsomol, l’ateismo. Ecco il risultato della vostra educazione. Adesso, i vostri pupilli hanno strappato la catena. Sono assetati di sangue, impazziti. Infine, tanto di cappello a tutti voi che avete resistito saldamente, avete mostrato una vera posizione cristiana. Non c’è stata nessuna violenza, nessun disordine…

Resistiamo, facciamoci il segno della croce: testimoniamo la verità divina. Per questo siamo disposti a dare la vita.
I primi cristiani sognavano di morire per Cristo. La nostra epoca invece è preoccupata di «cavarsela senza guai»… Per questo i santi padri dicevano che i primi cristiani arderanno di zelo, e gli ultimi invece cercheranno di adattarsi alla situazione. Ebbene, cercate di non essere cristiani tiepidi, cercate di non essere di quelli che si adattano, e il Signore non vi abbandonerà. Perdonate se ho offeso qualcuno. La pace del Signore sia con voi.

Lettera pastorale di monsignor Oleg Butkevič, vescovo cattolico di Vitebsk

Cari fratelli e sorelle in Cristo, cari concittadini!
«Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,33).
Il nostro paese sta attraversando tempi che non sono tra i più facili della sua storia. Le ultime elezioni hanno suscitato una crisi nella nostra società, dalle turbolenze nella campagna elettorale fino, diciamolo, a un conteggio non proprio corretto dei voti. D’altro canto, ogni crisi cela sempre, oltre al travaglio del suo processo, anche un potenziale positivo di cambiamenti in meglio. Come portarlo alla luce? Evidentemente, non attraverso violenza e odio. I sistemi basati sul sangue non sono mai stati forti nella storia, e la Giustizia ha sempre restituito il dovuto a quanti hanno violato le leggi umane (per non parlare poi di quelle divine!).

Per questo, la soluzione è solo una: cercare la verità! È importante essere certi di difendere la verità, e non l’inganno. Ed è necessario sapere che difficilmente la verità si trova dove c’è violenza. Bisogna dialogare e avere la buona volontà di udirsi, gli uni gli altri! Se vogliamo edificare un paese civile, anche i nostri metodi per risolvere i conflitti devono essere civili. In questo ci aiuti Iddio, perché Lui sa che il bene è sempre più forte del male. Vale la pena che ognuno di noi oggi se ne ricordi.

È chiaro che non viviamo in un mondo ideale. Nessuno ci vive, ma si può sempre dare un’occasione alla ragionevolezza e al buon senso. Sempre! A questa ragionevolezza io invito oggi tutti coloro che vivono in Bielorussia. Com’è noto, le emozioni non sono mai state un buon consigliere, e viceversa possono fare molte vittime. Questo non lo si può accettare in nessun caso!

Per questo supplico ardentemente tutti i credenti, soprattutto i cattolici, di pregare per il nostro paese. Abbiamo un’«arma» molto efficace per queste situazioni – il Rosario. Questa preghiera ha salvato più volte persone e interi paesi in tempi difficili, e anche oggi ci uniscano l’amore e il sostegno di Dio. Vi invito a pregare almeno un mistero del Rosario al giorno per l’intenzione del pacifico scioglimento della difficile situazione esistente nel nostro paese, e anche a digiunare con questa intenzione! Affidiamo all’intercessione della Vergine, Madre nostra, e al santo arcangelo Michele il nostro giorno di oggi e il nostro futuro.
Madre della misericordia, Madre della speranza, Rifugio dei peccatori, prega per noi!

Giovanna Paraviccini, La Nuova Europa


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